Con la Legge 211 del 20 luglio 2000, la Repubblica Italiana ha
riconosciuto la giornata del 27 gennaio come “Giorno della Memoria”.
La "Giornata della Memoria" è stata istituita dal Parlamento Italiano nel 2000 per ricordare
le vittime delle persecuzioni, stermini e genocidi fascisti e nazisti degli
ebrei, degli oppositori politici, di gruppi etnici e religiosi dichiarati da
Hitler indegni di vivere. La data prescelta è quella dell’ anniversario
della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz (vicino a
Cracovia in Polonia) avvenuta ad opera delle avanguardie della Prima Armata
dell’ Armata Rossa (comandata dal maresciallo Koniev) il 27 gennaio 1945.
Jean Amery “Intellettuale ad Auschwitz” (1977)
[Torturato dalla Gestapo e deportato ad Auschwitz
perché ebreo].
“…Chi è stato
torturato rimane torturato. Chi ha subito il tormento non potrà più ambientarsi
nel mondo, l’abominio dell’annullamento non si estingue mai. La fiducia
nell’umanità, già incrinata dal primo schiaffo sul viso, demolita poi dalla
tortura, non si riacquista più”.
Primo
Levi “Se questo è un uomo” (1947)
Voi che vivete sicuri
Voi che vivete sicuri
Nelle
vostre tiepide case,
voi che
trovate tornando a sera
Il cibo
caldo e visi amici:
Considerate
se questo è un uomo
Che
lavora nel fango
Che non
conosce pace
Che
lotta per un pezzo di pane
Che
muore per un sì o per un no.
Considerate
se questa è una donna,
Senza
capelli e senza nome
Senza
più forza di ricordare
Vuoti
gli occhi e freddo il grembo
Come
una rana d’inverno.
Meditate
che questo è stato:
Vi comando
queste parole.
Scolpitele
nel vostro cuore
Stando
in casa andando per via,
Coricandovi
alzandovi;
Ripetetele
ai vostri figli.
O vi si
sfaccia la casa,
La
malattia vi impedisca,
I
vostri nati torcano il viso da voi.
Salvatore Quasimodo “Auschwitz”
(1930)
Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.
Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: " Il lavoro vi renderà liberi "
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie
d’un tempo di saggezza, di sapienza
dell’uomo che si fa misura d’armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.
Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.
Arbeit Macht Frei - "Il lavoro
rende liberi"
Era il messaggio di benvenuto posto all'ingresso
di numerosi campi di concentramento nazisti.
Era il messaggio di benvenuto posto all'ingresso
di numerosi campi di concentramento nazisti.
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